Nel fine settimana ho riguardato un vecchio film italiano degli anni Novanta, ambientato però negli anni Settanta. L’ho scoperto quando frequentavo forse la terza liceo grazie a un amico, che forse dovrei chiamare più spesso oggi. A volte però le persone che ci stanno accanto cambiano nel corso della vita. Pazienza.
In ogni caso, non arrivai alla fine del film, ma mi fermai a una scena, forse la più bella e significativa. È un monologo del protagonista, che parla al microfono di una fantomatica prima radio libera, la notte, da solo, immerso in un borgo tipico della pianura del nord Italia.
Per la prima volta, questo ragazzo che ha tra i venti e i trent'anni, si sofferma a pensare a quello in cui crede veramente. Penso sia il più bel monologo di un film italiano, anche se forse è passato un po’ in sordina, magari perché il regista non è un famoso autore di cinema, ma un cantante rock-pop di successo.
Allora, mentre guardo e riguardo questa scena, mi chiedo se oggi i ragazzi di quell'età, e mi ci metto dentro, abbiano gli stessi valori, ambizioni, pensieri, sensazioni dei loro coetanei degli anni Settanta. Naturalmente, si tratta di una trasposizione del regista, ma credo e spero sia veritiera, almeno in linea di principio.
Siamo molto diversi oggi ed è giusto sia così, niente in contrario, ma forse qualche goccia in più di rispetto e di orgoglio e di serietà, di quella sana però, ci vorrebbe. Siamo la generazione che non ha avuto una grande guerra, che non ha lottato per i propri diritti o per quelli delle persone più deboli, che sente di non avere doveri verso niente e nessuno, che non ha spina dorsale. Siamo la generazione che crede nel dio denaro, nel piacere di possedere cose e persone, che si sente in diritto, quasi in dovere, di dover calpestare altre persone per ottenere a ogni costo il proprio successo. Siamo la generazione che ascolta e insegue finti miti di successo.
Io non mi sento rappresentato dalla mia generazione e spero che anche altri miei coetanei non si sentano rappresentati da questa generazione. In caso contrario, penso saremmo tutti messi gran male.
Credo che le persone debbano avere prima di tutto rispetto per sé stesse, perché se non si convive con il proprio Io al massimo, non si è aperti e disponibili al mondo che ci circonda. Credo che poi ci vorrebbe rispetto per tutte le altre creature che condividono con noi questa vita, quanto meno per dare una vita migliore alle prossime generazioni. Penso che le persone si debbano aiutare e che soprattutto le persone più fortunate, nel senso più ampio del termine, debbano aiutare quelle in difficoltà, anche nel più piccolo aspetto delle nostre piccole esistenze, anche con comportamenti che a volte contraddicono questo principio. Credo che la famiglia vada amata e rispettata in tutto e per tutto, ma credo anche che, a volte, quando si è pronti, il cordone ombelicale che ci lega vada allungato un bel po’. Credo che non si possa giudicare la gente solo con un semplice sguardo, ma soprattutto penso che non si debba parlare di altre persone senza conoscerle almeno un minimo. Credo che i tabù, la timidezza, il silenzio, siano delle catene che legano ingiustamente il nostro essere e che quindi ognuno debba essere libero e lasciato libero di esprimersi, condividere le proprie idee, battersi per ciò in cui crede.
A volte però mi chiedo se tutto questo sia retorica e se anch’io sia mosso, in tutto quello che faccio, da quella brama di successo che muove la maggior parte delle persone. Non so ancora darmi una risposta, ma credo che già pensare a queste cose, solo per trenta secondi nell’arco di un’intera vita, possa riscattarci in qualche modo.